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Per raggiungere l’area archeologica di Gremanu, dopo aver lasciato la macchina nel parcheggio del Centro Servizi (non ancora operativo), si prosegue a piedi in un sentiero sterrato in piano immerso nel bosco di roverelle per circa 700 metri. Qui è possibile ammirare i resti dell’esteso villaggio sulle sponde del Rio Gremanu sicuramente strettamente collegato al santuario che si incontra a fine percorso. Un grande recinto sacro (lungo circa 80 metri e largo 18-13 metri) costruito con muro a secco racchiude quella che oggi definiamo Area Sacra dei templi perché ospita al suo interno tre templi nuragici: il Tempio Circolare, il Tempio a Megaron e il Tempio Absidato, raggiungibili dopo aver attraversato una grande area a cielo aperto contornata da banconi sedile con delle capanne circolari a gestire gli ingressi dei pellegrini in visita.

Il Tempio Circolare è forse l’edificio più importante, sicuramente il più imponente con il suo diametro di 13 metri. Un paio di scalini immettono in un ambiente circolare ideato a cielo aperto, sapientemente pavimentato e con una grande nicchia sul muro. Al centro una caratteristica che lo rende unico al mondo: l’ambiente è diviso in due parti da un muro divisorio costruito con conci perfettamente sagomati e decorati (cosiddetti “a T” per via della loro particolare forma) ricavati da dei tipi di roccia differenti tra loro dal punto di vista cromatico (nero, rosso, bianco) disposti in modo da creare un effetto ottico molto particolare. 

La presenza del muro divisorio accomuna anche gli altri due templi anche se presentano tutti caratteristiche differenti.

Il complesso descritto era probabilmente un santuario federale, sorto lungo una via molto frequentata e che quindi accoglieva genti in arrivo da tutta la Sardegna. I pellegrini offrivano al tempio come ex-voto oggetti preziosi dei quali rimane traccia solo di quelli in bronzo: statuine, spade, pugnali, anelli, bracciali e tante altre forme alcuni dei quali venivano fissati su delle grandi basi in pietra mediante colate di piombo durante i rituali con il fuoco.

Oltre il santuario già unico nel suo genere, a circa 200 metri da esso ma sul pendio della montagna, è stato edificato un complesso di fonti sacre dal quale parte l’unico e il più antico acquedotto del Mediterraneo. Un grande muro semicircolare delimita l’area e impedisce il dilavamento dei detriti, al suo interno diversi edifici funzionali al culto delle acque e due fonti collegate tra loro tramite un elaborato sistema di canalette in pietra perfettamente impermeabilizzate. La fonte più imponente si trova al centro dell’area e presenta la planimetria a “toppa di chiave” tipica di tutte le fonti sacre edificate in epoca nuragica. L’acqua, ancora presente ogni periodo dell’anno, viene convogliata attraverso una canaletta magistralmente scavata nello scisto, coperta con una contro-canaletta fissata con colate di piombo e ulteriormente ricoperta da grandi lastre in pietra così da impedire la fuoriuscita delle acque e l’ingresso di detriti. È da qui che in antico partiva l’acquedotto costruito con questa particolare tecnica e intervallato da pozzetti disposti lungo il suo tragitto che garantiva la fornitura d’acqua al villaggio sottostante.

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